Condividiamo volentieri il link di un articolo riferito ad un protocollo d’intesa tra CNOP e Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus
https://www.ordinepsicologitoscana.it/servizi-per-il-cittadino-articolo.php?idp=9081
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Si comunica che è aperto il bando per la selezione dei giovani volontari per lo svolgimento del Servizio Civile Regionale.
La domanda di partecipazione può essere presentata esclusivamente online, accedendo al sito https://servizi.toscana.it/sis/DASC e seguendo le apposite istruzioni.
E’ possibile presentare la domanda tramite carta sanitaria elettronica (CNS) rilasciata da Regione Toscana o accedendo direttamente al link sopra indicato e compilarando l’apposita richiesta per ricevere l’abilitazione alla compilazione della domanda.
Devono essere compilati tutti i campi indicati nel format della domanda. Prima dell’invio della domanda deve essere allegato il curriculum vitae.
Una volta inviata la domanda, il candidato riceverà all’indirizzo di posta elettronica comunicato nella domanda una email di conferma di avvenuto invio della domanda e conseguente ricezione della stessa da parte dell’ente titolare del progetto prescelto. L’eventuale esclusione è comunicata direttamente dall’ente al giovane interessato.
La scadenza per la presentazione della domanda è il 27/10/2017.
Le domande pervenute oltre tale termine non saranno prese in considerazione.
Può fare domanda chi, alla data di presentazione della stessa:
Tutti i requisiti, ad eccezione del limite di età, devono essere mantenuti sino al termine del servizio.
Non può presentare domanda chi:
Può fare domanda chi sta frequentando un corso di studi di qualunque tipologia.
Ulteriori informazioni sono reperibili al seguente link: http://www.regione.toscana.it/-/servizio-civile-regionale-avviso-per-la-selezione-di-1764-giovani
Si allega il bando e la sintesi del progetto.
Bando Servizio Civile Regionale
Cari tutti,
il giornale telematico Giornale-uici ieri ha pubblicato l’intervista telefonica di Cesare Barca al nostro presidente nazionale, riguardante la situazione del centro Le Torri.
Data l’importanza dell’argomento, e considerata l’ampiezza dell’intervista, che chiarisce tutti i dubbi, vi prego di dare la massima diffusione all’articolo, che potete scaricare direttamente al link sottostante.
Grazie e buon ascolto
Antonio Quatraro
Make-up, look e comunicazione
Ragazzi con deficit visivi a scuola di immagine
L’iniziativa è promossa dal comitato giovani Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti consiglio regionale della Toscana
Comunicazione interpersonale, make-up e look: imparare a prendersi cura della propria immagine è importante nella gestione delle relazioni sociali. Per questo il comitato giovani Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti consiglio regionale della Toscana, con il supporto di Irifor Toscana e ChiantiBanca Credito Cooperativo S.C. , promuove l’iniziativa “Dalla cura di sé all’espressione di sé: giovani con disabilità visiva a scuola di immagine”, rivolto a ragazzi e ragazze dai 18 ai 35 anni.
«La persona minorata della vista, soprattutto se congenita – spiegano dal comitato giovani Uici -, non è consapevole di molte dinamiche che si instaurano a livello di comunicazione non verbale tra due interlocutori, come la mimica del volto, la prossemica, i gesti. In una società che si basa prevalentemente sulla vista e dà grande importanza all’estetica è necessario che anche le persone non vedenti e ipovedenti, per una migliore inclusione, acquisiscano competenza nella cura del proprio aspetto esteriore e nelle dinamiche che possono instaurarsi a livello comunicativo».
Ecco quindi tre percorsi pensati per dare ai ragazzi con deficit visivo gli strumenti per orientarsi nella comunicazione verbale e non verbale e nella cura della propria immagine, al termine dei quali l’Irifor Regionale realizzerà un seminario dedicato all’estetica e alla cura della propria immagine. L’appuntamento è previsto per il prossimo autunno e sarà rivolto a tutti coloro che sono interessati ai temi trattati: disabili visivi, familiari, psicologi, educatori, studenti in scienze della formazione o in psicologia, altri operatori.
Vediamo nel dettaglio i tre corsi. Il primo è un corso sulle basi del make-up condotto da una docente, truccatrice esperta della scuola Dora Bruschi; è previsto l’aiuto di un tutoraggio durante gli incontri e un supporto online successivamente tramite canali quali Skype e Facetime. I corsi, che coinvolgono un massimo di quindici ragazze suddivise in tre gruppi di cinque, sono strutturati in tre lezioni per un totale di cinque ore. A tutte le ragazze sarà consegnato un kit contenente i prodotti utilizzati durante il corso (fondotinta, phard, due ombretti, mascara e lucida labbra). Il primo incontro è previsto per venerdì 26 maggio alle 15.00 nei locali della scuola Dora Bruschi.
Sabato 10 giugno alle 10 invece si terrà un workshop sulla comunicazione interpersonale nella sede del Consiglio Regionale UICI a Firenze (via Fibonacci 5). Rivolto a un massimo di quindici partecipanti, sarà condotto da due psicologhe competenti in materia di disabilità visiva, Eva Landucci cialis générique en pharmacie ed Elena Ferroni, lei stessa non vedente, e da Marco Migli di Toscana Media Channel, esperto in materia di comunicazione.
Infine, ad ottobre, ci sarà il workshop su look, moda e abbigliamento condotto da un docente esperto dell’Istituto Polimoda di Firenze e ospitato nei locali dello stesso Istituto a Scandicci (FI). Durante l’incontro si potrà conoscere la moda dell’anno in corso e i corretti abbinamenti tra i colori, affinare le tecniche per ordinare il proprio guardaroba attraverso consigli pratici per riconoscere i propri vestiti e i loro colori; per i ragazzi, imparare a fare il nodo alla cravatta.
È aperto il BANDO DI SERVIZIO CIVILE NAZIONALE 2017
Le domande dovranno essere presentate entro le ore 14.00 del 26 giugno 2017
IL NOSTRO PROGETTO
“BE MY EYES _ TOSCANA”
Requisiti e condizioni di ammissione
Ad eccezione degli appartenenti ai corpi militari e alle forze di polizia, possono partecipare alla selezione i giovani, senza distinzione di sesso che, alla data di presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo e non superato il ventottesimo anno di età, in possesso dei seguenti requisiti:
– essere cittadini italiani;
– essere cittadini degli altri Paesi dell’Unione europea;
– essere cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia;
– non aver riportato condanna anche non definitiva alla pena della reclusione superiore ad un anno per delitto non colposo ovvero ad una pena della reclusione anche di entità inferiore per un delitto contro la persona o concernente detenzione, uso, porto, trasporto, importazione o esportazione illecita di armi o materie esplodenti, ovvero per delitti riguardanti l’appartenenza o il favoreggiamento a gruppi eversivi, terroristici o di criminalità organizzata.
I requisiti di partecipazione devono essere posseduti alla data di presentazione della domanda e, ad eccezione del limite di età, mantenuti sino al termine del servizio.
Non possono presentare domanda i giovani che:
a) abbiano già prestato servizio civile nazionale, oppure abbiano interrotto il servizio prima della scadenza prevista, o che alla data di pubblicazione del presente bando siano impegnati nella realizzazione di progetti di servizio civile nazionale sensi della legge n. 64 del 2001, ovvero per l’attuazione del Programma europeo Garanzia Giovani;
b) abbiano in corso con l’ente che realizza il progetto rapporti di lavoro o di collaborazione retribuita a qualunque titolo, ovvero che abbiano avuto tali rapporti nell’anno precedente di durata superiore a tre mesi.
Non costituisce causa ostativa alla presentazione della domanda di servizio civile nazionale l’aver già svolto il servizio civile nell’ambito del programma europeo “Garanzia Giovani” e nell’ambito del progetto sperimentale europeo IVO4ALL o aver interrotto il servizio civile nazionale a conclusione di un procedimento sanzionatorio a carico dell’ente originato da segnalazione dei volontari.
Altre informazioni:
durata 12 mesi, 5 giorni la settimana per un monte ore annuo di 1.400;
vi è l’opportunità di partecipare alle numerose attività svolte dalla Sezione per favorire l’integrazione sociale e l’autonomia delle persone presentanti disabilità visiva;
è un’occasione per avvicinarsi ad una realtà organizzativa e sperimentare le proprie attitudini imparando a fare qualcosa;
è prevista una formazione generale sul servizio civile e specifica relativa al settore di realizzazione del progetto;
è riconosciuto un compenso di € 433,80 al mese;
a fine servizio viene rilascio un attestato di partecipazione.
Obiettivi del Nostro Progetto:
Con il presente progetto, la scrivente si prefigge l’obiettivo di migliorare “la qualità della vita” di un numero, il più alto possibile, di non vedenti residenti in Toscana, offrendo occasioni di fruizione di uno o più prestazioni alla settimana dei servizi a loro destinati, che l’apporto dei 4 volontari del servizio civile, insieme a quello dei volontari dell’U.N.I.Vo.C., dei dirigenti e dei dipendenti della scrivente sapranno esprimere. Nello specifico:
1) Favorire la mobilità assistita (con accompagnatore) negli spostamenti fuori dall’abitazione, così da consentire ai non vedenti l’accesso a tutte le attività quotidiane compreso il raggiungimento del posto di lavoro
2) Migliorare l’autonomia dei non vedenti nel deambulare autonomamente nei luoghi esterni e favorire l’acquisizione di abilità che rendano il non vedente quanto più possibile autonomo nella gestione delle proprie attività all’interno della casa
3) Corrispondere al fabbisogno dei non vedenti di informazione e di cultura, attraverso la lettura di libri, giornali, ecc., registrati su audiocassette o cd o trascritti in Braille
4) Favorire l’utilizzo da parte dei non vedenti degli strumenti tiflo-tecnici e tiflodidattici tattili e parlanti (telefono cellulare con sintesi vocale, ecc), e ciò al fine di offrire occasioni di gestione autonoma rispetto ad esigenze specifiche; Migliorare le possibilità di comunicazione tra i non vedenti e i vedenti, attraverso l’utilizzo del computer
5) Creare tutte le condizioni perché le persone non vedenti possano fruire dei benefici previsti in loro favore da leggi e disposizioni dello Stato e degli Enti Locali
6) Favorire il recupero dell’immagine del sé in coloro che a qualsiasi età perdono la vista, così come nei genitori di bambini nati ciechi.
7) Favorire il buon rendimento scolastico degli alunni non vedenti integrati nella scuola comune
8) Assicurare un dignitoso livello di vita ai non vedenti anziani privi di sostegno familiare e ai non vedenti con altre disabilità
9) Favorire l’esercizio di attività motorie e sportive in situazione di integrazione con gli altri, quale presupposto di equiparazione sociale e per un sano equilibrio psico-fisico
10) Favorire la partecipazione dei non vedenti, anche in forma individuale, ad attività di gruppo insieme ai vedenti.
11) Favorire tutte quelle iniziative che i non vedenti individualmente intra-prendono per la ricerca di una professione diversa da quelle tradizionali (il centralino e il massaggio” o per curare e migliorare quella già intrapresa o anche per partecipare a forme di cittadinanza attiva.
OBIETTIVI PER I VOLONTARI
12) Acquisizione di abilità specifiche nel relazionarsi in maniera consapevole con soggetti ciechi totali e ciechi parziali
13) Promuovere l’inserimento nel mondo lavorativo del volontario, anche attraverso l’acquisizione di competenze certificate
14) Coinvolgimento dei volontari in attività di rielaborazione dell’esperienza, finalizzate alla valutazione e riprogettazione del percorso di servizio civile
La domanda di partecipazione, indirizzata direttamente all’ente che realizza il progetto prescelto, deve pervenire allo stesso entro e non oltre le ore 14.00 del 26 giugno 2017. Le domande pervenute oltre il termine stabilito non saranno prese in considerazione.
La domanda, firmata dal richiedente, deve essere:
– redatta secondo il modello riportato nell’Allegato 2 al presente bando, attenendosi scrupolosamente alle istruzioni riportate in calce al modello stesso e avendo cura di indicare la sede per la quale si intende concorrere;
– accompagnata da fotocopia di valido documento di identità personale;
– corredata dalla scheda di cui all’Allegato 3, contenente i dati relativi ai titoli.
Le domande possono essere presentate esclusivamente secondo le seguenti modalità:
1) con Posta Elettronica Certificata (PEC) – art. 16-bis, comma 5 della legge 28 gennaio 2009, n. 2 – di cui è titolare l’interessato, avendo cura di allegare tutta la documentazione richiesta in formato pdf;
2) a mezzo “raccomandata A/R”;
3) consegnate a mano.
È possibile presentare una sola domanda di partecipazione per un unico progetto di servizio civile nazionale, da scegliere tra i progetti inseriti http://www.viagrabelgiquefr.com/ nel presente bando e tra quelli inseriti nei bandi regionali e delle Province autonome contestualmente pubblicati. La presentazione di più domande comporta l’esclusione dalla partecipazione a tutti i progetti inseriti nei bandi innanzi citati, indipendentemente dalla circostanza che non si partecipi alle selezioni. La mancata indicazione della sede per la quale si intende concorrere non è motivo di esclusione. È cura dell’ente provvedere a far integrare la domanda con l’indicazione della sede, ove necessario.
La mancata sottoscrizione e/o la presentazione della domanda fuori termine è causa di esclusione dalla selezione.
UNIONE ITALIANA DEI CIECHI E DEGLI IPOVEDENTI ONLUS
CONSIGLIO REGIONALE DELLA TOSCANA
Via Leonardo Fibonacci, n. 5
50131 – Firenze
Tel/Fax 055-580523
e-mail: uictosc@uiciechi.it
PEC: uictoscana@pec.it
Referente per i contatti con i giovani: Alessandro Fioravanti
Allegato2_Domanda_di_ammissione
Allegato-3-Dichiarazione-Titoli
A seguito delle selezioni effettuate, pubblichiamo la graduatoria per il progetto di Servizio generique cialis Civile Regionale “Side By Side” presentato dall’ente Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus – Consiglio Regionale Toscano, su Bando pubblicato con Decreto n. 11701 del 9 novembre 2016.
Di Vanessa Cascio
Premessa
Se fino a pochi anni fa il lavoro dei disabili visivi era caratterizzato da una unica, principale professione di massa, il centralinista telefonico, occorre, ora, rendersi conto che sempre più sta diventando difficile questa prospettiva.
Colpito da un mercato del lavoro globalizzato, mutevole e in evoluzione, il lavoro di operatore telefonico diminuisce a vista d’occhio. Già da diversi anni, al riguardo, i dirigenti dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti riflettono su nuove opportunità lavorative, sfruttando le abilità comunicative dei non vedenti. Grazie alle professioni equipollenti e grazie alla riforma della legge 113/85 si otterranno buoni risultati per garantire il mantenimento delle professioni protette da leggi speciali, che devono essere accessibili a tutti: a chi perde la vista in età adulta, a chi ha ulteriori difficoltà oltre a quella visiva, a chi semplicemente non ha intenzione di proseguire negli studi universitari.
Garantire professioni protette da leggi speciali, dare un’opportunità lavorativa a tutti i ciechi e gli ipovedenti è un dovere della nostra associazione e occorre dunque continuare a farlo.
Tuttavia, nel turbine degli interrogativi derivanti da questo mercato in continua evoluzione, chi scrive si è posto ulteriori domande:
E’ possibile competere nel mercato del lavoro non protetto da leggi speciali rivolte ai ciechi? Con quali competenze?
Il lavoro di ricerca presentato nelle pagine che seguono è stato sviluppato all’interno di una tesi di Laurea Magistrale in Scienze dell’Educazione Permanente e della Formazione Continua discussa nel Marzo 2016 presso l’Università di Bologna – scuola di Psicologia e Scienze della Formazione, e nasce dall’esigenza personale di chi scrive e di numerosi giovani studenti universitari con disabilità visiva.
I giovani universitari, pur non rappresentando la maggioranza della categoria, al termine del percorso di studio devono fronteggiare non solo le difficoltà che hanno tutti i giovani nel trovare un’occupazione corrispondente ai loro studi, alle loro competenze e alle loro aspirazioni, ma sono ostacolati anche dai pregiudizi e dalle barriere fisiche, percettive e culturali causate dal deficit.
1. Introduzione al lavoro di ricerca
Nella tesi di laurea, prima di entrare nel vivo dell’indagine è stato necessario analizzare il rapporto tra disabilità visiva e lavoro descrivendo come si è arrivati a disciplinare con apposite norme le professioni protette da leggi speciali per i ciechi (ovvero il centralinista ed il massofisioterapista) e di come oggi tali professioni stiano scomparendo.
Successivamente è stato analizzato il concetto di competenza, con un approfondimento delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente (o competenze chiave del cittadino) definite nel 2006 dalla Commissione Europea.
In ultimo, tramite una ricerca empirica, l’autrice si è proposta di indagare la situazione occupazionale di persone che attualmente svolgono professioni non protette da leggi speciali per i ciechi e dei loro percorsi di carriera: quali professioni svolgono? Che titolo di studio posseggono? Quali tra le 8 competenze chiave del cittadino, secondo questi soggetti, è opportuno possedere? Quali difficoltà hanno trovato nell’accesso al lavoro? Come le hanno superate?
L’ipotesi di partenza è che il possesso di quattro delle competenze chiave del cittadino, oltre ad alcune soft skills (un’accentuata determinazione verso gli obiettivi, motivazione e tenacia), ed il possesso di specifiche abilità nell’utilizzo degli strumenti tifloinformatici e nell’orientamento e mobilità delle persone non vedenti, possano costituire elementi di predizione del successo lavorativo in professioni non protette da leggi speciali per i ciechi.
Lo scopo principale della ricerca è stato, quindi, quello di acquisire le opinioni, le percezioni e le esperienze dei soggetti intervistati rispetto alle loro competenze trasversali in ambito professionale.
Inoltre, ai fini di questo studio è stato ritenuto importante analizzare le opinioni e le esperienze degli intervistati rispetto ad alcuni temi quali le loro capacità di orientamento e mobilità autonoma, il loro rapporto con l’aggiornamento professionale e la formazione continua e le difficoltà riscontrate a livello lavorativo e come queste sono state superate.
A tale scopo è stata utilizzata una tecnica di raccolta dati di tipo qualitativo, ovvero l’intervista semi-strutturata.
1.1 Gli obiettivi della ricerca empirica
2. Il campione
Il campione dello studio qui descritto, composto da venti soggetti, è stato costituito in termini non probabilistici in quanto non è fondamentale garantire la rappresentatività in indagini di tipo qualitativo. In ogni caso, le caratteristiche richieste agli intervistati sono state le seguenti:
Le persone che hanno manifestato disponibilità a collaborare alla ricerca sono state 55 di cui le professioni svolte erano le più disparate: programmatore informatico, musicista, docente di scuola superiore o università (in varie materie quali ad esempio musica e lettere), ingegnere del suono, speaker radiofonico e doppiatore, selezionatore del personale, scultore, impiegato amministrativo presso enti pubblici e aziende private, scrittore, giornalista, addetto alla gestione del sito web e della comunicazione, training assistant, formatore in ambito informatico e di tecnologie assistive, guida a Dialogo nel Buio (mostra al buio su pianta stabile presso l’Istituto per Ciechi di Milano), dirigente, organizzatore di eventi, imprenditore, ecc.
Dopo aver creato due liste, una composta da uomini ed una da donne sono stati selezionati casualmente da ogni lista dieci soggetti di sesso maschile e dieci di sesso femminile, per un totale appunto di 20 soggetti intervistati.
Le persone coinvolte presentavano per la maggior parte cecità assoluta (diciassette su venti) di cui cinque l’hanno acquisita in giovane età (fino ai trenta anni).
L’età media degli intervistati è stata di trentasette anni.
Il titolo di studio maggiormente posseduto è risultato la laurea vecchio ordinamento o laurea magistrale (diciassette su venti).
Due possedevano il diploma di scuola media superiore e solo una la laurea di I° livello.
Nove persone sono impiegate in aziende private, cinque in enti pubblici, quattro sono liberi professionisti e due lavorano sia come liberi professionisti che in enti pubblici.
Tra coloro che lavorano in enti pubblici, due sono stati assunti a seguito di tirocinio, per mezzo di una chiamata nominativa del centro per l’impiego (rivolta alle categorie protette legge 68/99). Gli altri tre hanno invece sostenuto un concorso rivolto alle categorie protette (legge 68/99).
Tra coloro che lavorano in aziende private, cinque hanno trovato lavoro tramite conoscenze o passa parola, uno a seguito di un tirocinio nella stessa azienda, due tramite colloquio di selezione (dopo aver inviato il CV), e solo uno grazie al lavoro svolto dall’ufficio del Collocamento Mirato legge 68/99 della sua provincia
3. I risultati dell’indagine
Trattandosi di una ricerca di tipo qualitativo non è stata fatta una analisi meramente quantitativa dei dati ricavati. È stato ritenuto utile calcolare la frequenza solo relativamente ad alcune variabili come, per esempio, quante persone utilizzano lo screen reader Jaws. Per il resto, si è cercato di descrivere i punti di vista degli intervistati riportando quello che loro stessi hanno affermato ed argomentando su quanto è emerso.
3.1 Competenze digitali e abilità nell’uso delle tecnologie assistive
Come facilmente immaginabile, il 99% dei soggetti intervistati ha dichiarato di utilizzare il computer per la propria professione o per aspetti derivanti dall’attività lavorativa. Soltanto una persona ha dichiarato di utilizzare solo l’iphone per la gestione del proprio lavoro.
A livello di software applicativi, quelli più usati nel settore lavorativo sono stati in ordine Excel, Word, Internet o Intranet aziendale ed il pacchetto Office in generale. Poi ci sono ovviamente software specifici utilizzati in base alla mansione svolta. Si va da software per l’audio editing o per la composizione musicale, a software per la programmazione o applicativi aziendali per la teleassistenza.
Per quanto riguarda le competenze digitali e l’uso delle tecnologie assistive, è importante segnalare che anche tra coloro i quali utilizzano lo screen reader Jaws ai fini lavorativi si sta diffondendo l’uso del sistema Mac OSX per gestire aspetti ludici o personali estranei al lavoro.
Rispetto al passato è significante rilevare come la pervasività delle nuove tecnologie, ed in particolare quella delle tecnologie touchscreen accessibili della Apple stia influenzando le modalità di lavoro delle persone, anche dei ciechi assoluti e parziali. Questi nuovi impieghi della tecnologia facilitano la nostra categoria a livello professionale, permettendoci di fare cose prima inimmaginabili. Una insegnante, ad esempio, ha raccontato di usare l’Iphone come traduttore per poter meglio comunicare con i suoi studenti stranieri! Uno scultore, invece, ha raccontato di utilizzare la stampante 3D per poter toccare delle riproduzioni di oggetti che non ha mai toccato prima, così da poterli scolpire sulla pietra o sul marmo.
Per alcuni giovani lavoratori il Braille, tramite l’ausilio della barra Braille, resta uno strumento fondamentale sia per lo studio che per svolgere professioni scientifiche o che implichino l’utilizzo delle lingue straniere. Una insegnante di musica non vedente afferma, ad esempio, che per insegnare la musica il Braille è fondamentale e che non è possibile leggere uno spartito dall’Ipad.
La dematerializzazione del lavoro e l’impiego dei sistemi informatici sta diminuendo l’uso dello scanner. I software di OCR restano, tuttavia, molto usati per digitalizzare documenti cartacei precedentemente redatti al computer.
Un’altra difficoltà a dir poco frustrante, spesso riscontrata nelle amministrazioni pubbliche, è quella relativa all’utilizzo di banche dati dove i documenti sono digitalizzazioni di fogli scritti a mano, e pertanto impossibili da leggere con qualsiasi tecnologia assistiva. Un dipendente pubblico dichiara: “e’ frustrante andare da un collega e dirgli, c’è un documento formato immagine me lo puoi leggere? Tante volte i non vedenti non possono portare a termine un incarico che gli viene dato, perché non sono autonome nel leggere gli atti, i documenti” (4, M, 34 anni).
Quasi tutti i soggetti hanno lamentato il fatto che vi sono applicativi aziendali non accessibili alla disabilità visiva e che in un modo o nell’altro hanno dovuto trovare soluzioni alternative o rinunciare allo svolgimento di determinate mansioni. Questa sembra essere una delle principali problematiche riscontrata da molte persone che lavorano sia presso enti pubblici che privati. Occorre, al riguardo, che l’UICI attui una azione di formazione e sensibilizzazione nei confronti di produttori e software house affinché gli applicativi possano essere maggiormente accessibili anche a chi non vede.
Alla domanda “Quanto è importante nelle professioni non tradizionali saper utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le tecnologie assistive?”, tutti, anche tra coloro che utilizzano tali tecnologie solo per aspetti secondari del lavoro, hanno risposto “importantissimo”, “fondamentale”, “determinante”.
Due di loro argomentano così: “io già prima di iniziare a lavorare mi ero messo a studiare excel, a cercare di capire come potevo fare determinate cose su Excel” (10, M, 25 anni), “È indispensabile, se vuoi essere alla pari con gli altri, devi utilizzare quei programmi che ti aiutino a superare quelli che sono i tuoi limiti” (8, F, 57 anni).
3.2 Partecipazione a corsi di aggiornamento professionale e formazione continua
Rispetto a questo tema, uno dei risultati maggiormente significativi è relativo all’accessibilità dei corsi.
In generale, gli intervistati hanno identificato due tipi di corsi: a distanza e in presenza.
Il problema maggiormente riscontrato è, appunto, l’inaccessibilità del corso, ovvero costruito in modo tale da non tener conto degli utenti non vedenti.
Per quanto riguarda i corsi a distanza, frequentati sul web, è stato affermato che spesso i corsi sono offerti tramite piattaforme e-learning non completamente accessibili ed userfriendly ad utenti che utilizzano lo screen reader.
Le strategie per poter usufruire di tali corsi sono basate sulla solidarietà da parte dei colleghi o dei docenti. Alcuni esempi forniti dagli intervistati sono: colleghi che leggono i testi presenti in piattaforma, che commpilano per la persona non vedente i quiz online, docenti che si rendono disponibili per lezioni individuali, ecc.
Anche per quanto riguarda i corsi in presenza vi sono le stesse difficoltà e le strategie per poterli frequentare si basano sulla disponibilità dei colleghi e dei docenti: colleghi che supportano la persona non vedente per leggere la lavagna o i testi che vengono forniti, diapositive lette dai docenti o fornite su file Doc o Pdf.
Seppur consapevole che non sia possibile creare una metodologia che renda completamente accessibili i corsi in presenza, di più si potrebbe fare per le piattaforme su cui vengono forniti corsi a distanza. Azioni di formazione e informazione potrebbero essere poste in essere.
Inoltre, rispetto a ciò, alcuni intervistati hanno sottolineato le difficoltà nei corsi di aggiornamento professionale obbligatori, come ad esempio i corsi per la sicurezza in azienda. Per questo ultimo tipo di corsi, in particolare, secondo chi scrive la nostra associazione dovrebbe garantire la piena accessibilità per i lavoratori con disabilità visiva, affinché, come lavoratori, abbiano lo stesso diritto di fruire del corso di aggiornamento come i colleghi normovedenti.
3.3 Accorgimenti e strategie per un migliore inserimento lavorativo
Ai fini della ricerca sono stati considerati tre tipi di accorgimenti (o strategie) attuati dagli intervistati per inserirsi meglio nel loro posto di lavoro, essere più produttivi e partecipare attivamente alla vita nell’ambiente lavorativo; potremmo definirli accorgimenti di tipo fisico, organizzativo e tecnico.
Accorgimenti organizzativi: assegnazione di mansioni differenti (in modo ufficiale o non), differente orario di lavoro (ad esempio tramite il part-time), utilizzo di permessi (quali quelli previsti dalla legge 104/92),, ecc;
Accorgimenti tecnici: utilizzo di ausili tiflologici e non, illuminazione particolare, ecc.
Accorgimenti fisici: disposizione differente di oggetti, spazi, percorsi tattili sul pavimento, ecc.
E’ opportuno precisare che questa categorizzazione può non essere esaustiva ed è stata definita dall’autrice secondo una valutazione del tutto personale.
In questo ambito è stato interessante capire le differenti strategie e soluzioni messe in atto sia individualmente dagli intervistati, sia da loro in accordo con colleghi e/o responsabili.
Per quanto concerne, ad esempio, l’organizzazione del lavoro, oltre all’utilizzo di flessibilità come part-time verticale e orizzontale e all’utilizzo dei permessi previsti dalla legge 104/92, possiamo riportare le seguenti testimonianze di riorganizzazioni delle mansioni non ufficiali (ovvero distribuite tra i colleghi in maniera informale). Ecco alcune testimonianze dalle voci degli intervistati:
“Grazie al bel rapporto che c’è con la capa e i colleghi riusciamo a dividerci i compiti, quindi quelli a me inaccessibili li fanno loro. Loro hanno ammesso che io sono più preparata per quanto riguarda dare le informazioni al pubblico, mi dicono che loro non sarebbero in grado di spiegare e far capire al cittadino le cose come lo faccio io, quindi mi ringraziano per questo lavoro che gli tolgo” (1, F, 41 anni).
Sugli accorgimenti e le strategie di tipo tecnico gli intervistati dichiarano:
“in questo caso faccio copia e incolla della pagina web, su un documento di testo, e a questo punto vedendola solo come immagine la posso ingrandire” (14, F, 35 anni).
Uno scultore non vedente, invece, racconta: “Uno che vede, con la matita fa un segno e con il flessibile taglia fino a quello, io sto appunto più abbondante e limo dopo così sono sicuro di stare sempre nel buono. Così ho la possibilità di controllare ciò che faccio” (6, M, 46 anni).
Per quanto riguarda, infine, accorgimenti di tipo fisico, gli intervistati raccontano:
“Ho richiesto un posto vicino alla finestra per la luce, non avere la luce artificiale diretta proprio sulla postazione. Ho chiesto solo di non essere posizionata sotto il neon, perché mi stanca” (14, F, 35 anni).
“Visto che si lavora all’interno di un hopen-space, ricoperto da una moquette, è stata creata una striscia senza moquette, poi sono state attaccate delle etichette in braille sulle macchinette del caffè ed anche sulle porte degli uffici con il nome” (18, M, 31 anni).
“Ho chiesto di darmi una scrivania raggiungibile e non sperduta. Appena entro, so che c’è una colonna e subito dopo c’è la mia scrivania. Questo è stato importante perché se me ne avessero data una in un altro punto, non sarei riuscita a raggiungerla da sola non avendo punti di riferimento” (12, F, 28 anni).
Nonostante non sia possibile generalizzare questi interventi per tutti i lavoratori non e ipovedenti che svolgono professioni non tradizionali, questi esempi possono essere considerate buone e semplici prassi, attuabili abbastanza facilmente, previo accordo con i propri responsabili e dirigenti.
Non è, però, il caso dell’inaccessibilità dei software, dei siti web o delle piattaforme per l’e-learning, per i quali esistono già alcune norme relative all’accessibilità delle tecnologie informatiche, le quali potrebbero essere rispettate, implementate e applicate maggiormente dai produttori e dai web designer. In questo caso non si tratta più di strategie individuali, si tratta bensì di far rispettare le leggi sull’accessibilità delle tecnologie informatiche, e di aumentare la cultura dell’accessibilità anche tra i produttori di software aziendali, magari proprio tramite azioni di sensibilizzazione e di informazione, come già proposto nel precedente paragrafo.
3.4 Le relazioni in azienda e le competenze interpersonali
Un aspetto molto interessante della ricerca è stato quello di conoscere, dal punto di vista degli intervistati, come e se la disabilità visiva influenzi le relazioni con i colleghi, i clienti o gli utenti.
Le risposte hanno evidenziato che in generale la disabilità visiva può influenzare e condizionare le relazioni; tuttavia, i soggetti intervistati hanno ritenuto che la disabilità visiva non agisce negativamente, a patto che la persona non vedente sappia approcciarsi in maniera appropriata. Ciò significa, tra l’altro, saper curare la propria immagine ed il proprio aspetto fisico, saper curare la propria igiene personale, tenere una postura adeguata (ad esempio, non tenere la testa bassa: come spesso accade a persone cieche dalla nascita): sapersi, quindi, presentare non solo verbalmente ma curando altresì aspetti del non verbale come la gestualità.
Alcuni intervistati ritengono, infatti, che le persone cieche dovrebbero tener conto di questi elementi per incrementare le loro opportunità occupazionali.
Nel sapersi relazionare sia con i colleghi che con gli utenti è importante, secondo gli intervistati, porsi con apertura, flessibilità e disponibilità. Una di loro afferma:
“Mi trovo bene, sono anche nate delle amicizie. La disabilità visiva non sta influendo sui rapporti con loro. A livello lavorativo diciamo che influisce in parte in quanto non avendo una conoscenza di quelle che sono le potenzialità di un cieco tante volte o si frenano o ti chiedono una cosa improbabile cioè che è una stupidaggine per loro ma con i mezzi che abbiamo noi non è fattibile. In ogni caso i colleghi in generale mi hanno accolta subito. […] A volte si scordano che non ci vedo, e quindi scordandosene ci sta il gesto, guarda quella cosa lì…. Io sono abituata a farci una risata sopra o a chiedere se non mi torna una cosa perché non l’ho capita, perché c’è stato un gesto…. Non me la prendo, anzi. Se fossero fatti con malignità sicuramente mi darebbe fastidio. Fatti perché uno si scorda che non ci vedi è un segno che c’è stata interazione e integrazione. I primi tempi infatti erano più in imbarazzo ad usare le parole, in particolare ad utilizzare parole legate al vedere… sì, erano più in imbarazzo, una volta che gli hai spiegato le cose invece diventa più facile. Io sono di quelle che pensa che il sorriso ti apre tante porte, io la penso così, quindi se il disabile parte già con un suo muro perché gli da noia certi atteggiamenti, gli da noia ammettere la propria disabilità, il muro non si abbatte. Se il disabile è conscio della propria problematica ma non ne fa un problema esistenziale, non è insormontabile a livello di socializzazione o altro. Spiegando le cose si risolve tutto” (19, F, 41 anni).
La maggioranza degli intervistati, come già accennato poche righe più sopra, pensa che la tranquillità nel relazionarsi da parte della persona disabile derivi anche dall’accettazione del proprio deficit. La capacità, infatti, di saper spiegare le proprie difficoltà e le proprie esigenze, di scherzare sulla propria disabilità e di non prendersela di fronte a affermazioni inadeguate dei colleghi è indice di accettazione della propria disabilità. Questo risulta essere più difficile per coloro i quali perdono la vista in età avanzata o per coloro i quali conservano un buon residuo visivo. Un intervistato infatti racconta:
“Mi sono sempre presentato e la cosa che faccio sempre è spiegare quale è la mia percezione, perché per chi è ipovedente non si capisce. Quindi i colleghi non capiscono le mie difficoltà. Prima non avevo consapevolezza di dover spiegare come vedevo, invece da quando ho imparato a spiegarlo la vita mi è cambiata” (3, M, 30 anni).
In generale, come abbiamo già visto, sembra essere proprio la solidarietà e il supporto dei colleghi che facilitano il lavoro dei ciechi soprattutto in quelle situazioni in cui chi non vede è costretto a dover leggere materiale cartaceo o files non accessibili. Un intervistato dichiara:
“Semplice, basta che vai da un collega, e gli dici, senti per cortesia mi leggeresti questo documento. Sì, non si dovrebbe fare, però integrazione e’ anche questo. Integrazione è anche parlare con un collega e dire io ho questo problema qua. Far capire al collega che con una lettura sono totalmente in grado poi di svolgere il mio lavoro” (4, M, 34 anni).
Se la disabilità non incide sulle relazioni interpersonali con i colleghi, alcuni intervistati affermano che questa, comunque, influisce sulle relazioni lavorative: sembra, infatti, che rivolgersi ad un collega vedente per chiedergli di portare avanti un compito sia più semplice che rivolgersi al non vedente: diversi intervistati hanno affermato che è più facile in quanto più immediata l’interazione davanti al monitor del computer.
Sull’influenza che la disabilità può avere nelle relazioni interpersonali con gli utenti del servizio, è stato interessante ascoltare il seguente punto di vista secondo il quale la disabilità può essere messa in secondo piano dal ruolo svolto dalla persona e quindi dalla sua professionalità:
“Per i rapporti con altri con cui ho contatti lavorativi, tipo i candidati, le università, ecc io all’inizio mi spaventavo molto perché dovevo fare colloqui e questi magari vedendo che io non vedo si sono impanicati. Invece ho visto che non è così, nel momento in cui tu hai un ruolo,nel momento in cui non sei la non vedente ma sei la selezionatrice, la fisioterapista, l’insegnante di qualcosa insomma acquisti un ruolo , allora la disabilità passa in secondo piano. Cioè le persone parlano con me ma non perché sono non vedente ma perché vogliono essere scelte. O vanno da una fisioterapista perché vogliono essere curate” (12, F, 28 anni).
Due persone, infine, hanno messo in evidenza l’importanza della consapevolezza nell’uso del linguaggio non verbale e del fatto che i non vedenti dalla nascita non sono spesso coscienti di questo fattore. Sarebbe necessario, secondo loro, formare maggiormente le abilità dei ragazzi con disabilità visiva fin da piccoli proprio per una migliore integrazione con i vedenti.
3.5 Abilità di orientamento e mobilità autonoma
Tutti gli intervistati, anche coloro i quali si recano al lavoro accompagnati, sono concordi nel dire che il possesso di abilità di orientamento e mobilità non è importante solo ai fini lavorativi, e non solo per svolgere una professione non tradizionale, ma è importante per tutti, per una migliore inclusione sociale e non solo professionale. In molti casi gli intervistati hanno affermato che il possesso di queste abilità migliora le relazioni con i colleghi. Un intervistato ad esempio dice:
“Io la vedo difficile che senza questa capacità puoi rapportarti alla pari con gli altri, quindi secondo me è fondamentale. Non sei una persona che deve essere accudita, ma sei semplicemente un collega che non ci vede” (3, M, 30 anni).
Un altro afferma: “per esempio la mia responsabile, mi conosce, vede come mi muovo in giro, quindi quando capita che devo andare cinque volte in trasferta a XXX, non dice, oddio, sto mandando un cieco da solo a XXX, oddio me lo schiaccia un treno, e questo non lo dice perché vede che sono una persona autonoma, e questo influisce sul giudizio che lei ha di me. Vedere un cieco disinvolto nei movimenti, negli spostamenti, porta le persone a volte a dimenticarsi che non ci vede” (4, M, 34 anni).
Per concludere, è stato rilevato l’utilizzo delle Tic anche per quanto riguarda la mobilità in città. Molte persone usano infatti le app per consultare gli orari dei treni, degli autobus, per monitorare i percorsi degli autobus stessi, per localizzare esercizi commerciali, ecc.
3.6 Competenza dell’imparare ad imparare
Dalle domande poste non è stato possibile comprendere se questa competenza debba essere necessaria per chi intende svolgere una professione non tradizionale.
Tuttavia, per quanto riguarda la consapevolezza dei propri punti di forza e delle proprie aree di miglioramento, le abilità maggiormente considerate come punti di forza sono state la comunicazione (queste persone si ritengono anche empatiche), le capacità organizzative, le capacità di lavorare per obiettivi, le capacità di adattamento e le capacità di problem solving.
Aspetti ritenuti da migliorare in molti casi sono stati le abilità legate alla gestualità e al linguaggio non verbale, le competenze nelle lingue straniere e le competenze digitali.
3.7 Lo spirito di iniziativa e i percorsi professionali degli intervistati
Anche in questo caso è stato difficile, se non impossibile, valutare il possesso di questa competenza da parte dei soggetti intervistati. Tuttavia, sia le motivazioni che i percorsi i quali hanno spinto gli intervistati a intraprendere carriere non tradizionali e non protette da leggi speciali rivolte ai ciechi, sia alcune espressioni e parole usate nel corso delle interviste, lasciano pensare che la determinazione, la voglia di rischiare, la voglia di provarci e mettersi in gioco, la forza di volontà e le motivazioni siano elementi che rivestono un ruolo fondamentale per accedere a professioni non tradizionali.
Parlando del suo percorso e di cosa l’ha spinta a svolgere una professione non tradizionale, una degli intervistati, infatti, dichiara:
“Voler fare qualcosa di diverso. Non volevo omologarmi con la massa, non volevo sentirmi dire ah ok sei cieca e fai la fisioterapista o fai la centralinista. Volevo uscire da questi canoni. [e alla domanda “perché secondo lei i giovani non vedenti scelgono di fare i centralinisti o i massofisioterapisti?” continua così] Perché è più facile. Ti dà la possibilità di essere indipendente senza doverti destreggiare…. Non è facile riuscire a fare qualcosʾaltro, bisogna avere tanta forza di volontà anche doverti scontrare con quelli che sono degli stereotipi, delle idee che si hanno .. con una chiusura anche mentale che c’è da parte delle aziende. Perché non è così tutto scontato quando entri in una azienda, devi quotidianamente conquistarti il tuo spazietto e le tue competenze” (7, F, 35 anni).
C’è, inoltre, chi non ha escluso dal suo percorso la possibilità di lavorare al centralino e alla domanda “che cosa l’ha spinta ad intraprendere un’altra strada?” ha risposto:
“E’ stata una sfida. Fare il corso da centralinista e cercare lavoro in quell’ambito sarebbe stato troppo facile. Mi ero detta: io il corso lo farò solo se non riesco a trovare altro. Volevo però prima vedere se riuscivo a fare altro, anche tramite concorsi pubblici. Ho trovato vari concorsi e ne ho fatti diversi e per fortuna ho vinto questo in regione. Il corso di centralino lo avrei fatto come ultima spiaggia. So che se avessi fatto quel corso e avessi trovato lavoro mi sarei fermata lì, perché sarebbe stato comodo. Mi sono quindi voluta spingere a cercare qualcosa di diverso” (17, F, 33 anni).
La presa di iniziativa di alcuni soggetti intervistati è espressa molto chiaramente, e talvolta anche in maniera davvero innovativa, nel loro approccio professionale con gli utenti; ecco alcune testimonianze:
“Devo essere io ad attirare la loro attenzione dicendo – guardi che può dire anche a me -. Quando entra qualcuno e magari ci siamo tutt’e tre, chiede in generale e tende a rivolgersi a chi intercetta il suo sguardo, e se è un accesso a qualcosa lo devono fare per forza loro, ma se si tratta di informazioni da dare, io mi prendo tutta la scena e riesco a far capire all’utente che deve rivolgersi a me. Poi ovviamente gli spiego che ho problemi di vista” (1, F, 41 anni).
Una scrittrice che tiene laboratori nelle scuole, parlando di come gestisce gli studenti in classe racconta: “Per risolvere il problema di quando alzano la mano ho risolto dicendo loro di fare un verso! Così posso sentirli e so che hanno alzato la mano” (16, F, 32 anni).
Tutti i soggetti intervistati affermano di sentirsi riconosciuti per il loro lavoro, alcuni si sentono valorizzati, ma dichiarano di voler fare di più e stanno cercando di essere propositivi:
“Però vorrei anche crescere a livello professionale, questa cosa non è facile, non è scontata devo quotidianamente chiedere se posso fare altro. Devo farmi avanti. Mentre per gli altri è forse un po’ più semplice la strada, perché viene in automatico nei nostri confronti c’è sempre questa cosa di dire ma cosa puoi fare? Questa cosa la puoi fare? Molto spesso quindi si trova quella piccola cosa da farti fare ci si accontenta così…. Quindi a volte è più facile fare professioni tradizionali perché è un ambiente più protetto…. Le persone sanno che tu sei capace di fare quella cosa lì e ti riconoscono le tue capacità mentre in un altro ambito devi dimostrare, ecco Questo è secondo me la differenza e la questione” (7, F, 35 anni).
3.8 Azioni in sostegno di chi desidera svolgere professioni non tradizionali: i consigli degli intervistati
Innanzitutto, occorre evidenziare che più della metà degli intervistati, alla domanda “perché molti giovani non vedenti, che potenzialmente potrebbero svolgere altre professioni, scelgono di fare il centralinista o il massofisioterapista” hanno risposto con frasi del tipo “perché è più facile” e “Perché è più comodo”. Una persona inoltre osserva:
“Perché purtroppo ci sono poche opportunità lavorative. Se vogliamo noi ancora sul mercato del lavoro siamo discriminati, anche perché ancora gli applicativi aziendali non sono accessibili. Magari il percorso universitario si affronta senza troppe difficoltà grazie alle tecnologie assistive, ma una volta arrivati al momento di trovare lavoro, ci si scontra con rifiuti e grosse difficoltà, e quindi il centralinista purtroppo ancora è il lavoro più facile da raggiungere e comodo da svolgere. Forse il problema è che la gente viene indirizzata verso il lavoro di centralinista sia dai centri dell’impiego, dagli Istituti, dalle Unioni Ciechi” (18, M, 31 anni).
Certamente il supporto della famiglia, la zona di origine e le condizioni socio-economiche di appartenenza determinano questa scelta.
Per quanto riguarda ciò che l’Unione Ciechi e cialis prix Ipovedenti dovrebbe fare per supportare i giovani, i temi maggiormente esposti dagli intervistati sono stati, in ordine di rilevanza con cui sono stati menzionati:
Sulla necessità di organizzare momenti di sensibilizzazione per le aziende, due intervistati aggiungono: “Il problema principale è che i datori di lavoro non sanno che cosa siamo in grado di fare, cosa le tecnologie ci permettono di fare, e questo non permette loro di inserirci in un’azienda, o proporci un lavoro. Non so se siamo noi a dover andare nelle aziende e dire cosa siamo in grado di fare. Una cosa da cambiare, è il fatto che non dobbiamo obbligare le aziende ad assumerci, dobbiamo convincerle ad assumerci” (18, M, 31 anni).
“Quindi dovremmo fare un lavoro più capillare di sensibilizzazione sulla disabilità visiva, andare come Unione Ciechi, facciamo una mappatura di aziende del territorio, vediamo chi ha posti liberi alle categorie protette, cerchiamo di fare un lavoro per informarli e allo stesso tempo capire cosa un cieco può fare in una certa azienda. Quali mansioni potrebbero essere accessibili. Integriamoci in professioni normali che fanno tutti. Chiaro poi con accorgimenti vari, però ci sono tante strade che possono essere fatte” (12, F, 28 anni).
Per quanto riguarda ciò su cui i giovani non o ipovedenti stessi dovrebbero puntare, gli intervistati hanno messo in luce i seguenti aspetti, sempre in ordine di rilevanza:
Per quanto riguarda, invece, le competenze trasversali ipotizzate come predittrici dell’inserimento lavorativo in professioni non protette da leggi speciali, gli intervistati ritengono importanti:
Emerge che per alcuni intervistati le competenze interpersonali e le abilità di orientamento e mobilità sono persino più importanti delle competenze digitali, proprio perché per prime ti permettono di essere alla pari con gli altri e di integrarti.
Conclusioni
Per concludere, la ricerca ha effettivamente permesso di mettere in luce quali siano, secondo gli intervistati, le competenze chiave per l’apprendimento permanente che è importante possedere e sviluppare per svolgere una professione non protetta da leggi speciali per i ciechi.
Il risultato più importante raggiunto è stato comprendere come, secondo gli intervistati, si potrebbero supportare le persone con disabilità visiva le quali desiderano intraprendere strade non convenzionali. In particolare, ci sembra fondamentale la sensibilizzazione o informazione dei datori di lavoro rispetto a quelle che sono le capacità e i limiti delle persone non vedenti e ipovedenti, anche grazie agli strumenti informatici e tifloinformatici attualmente esistenti.
Rispetto a quando fu varata la legge 68/99 molte cose sono cambiate e anche le opportunità di lavoro possono, oggi, essere molto più numerose. Occorre però, come alcuni intervistati hanno sottolineato, che le associazioni di categoria o le stesse persone con disabilità non si pongano dei limiti.
Inoltre, secondo chi scrive, occorre mettere in evidenza che il lavoro svolto dal collocamento mirato, istituito dalla legge 68/99, ha un ruolo fondamentale e gli orientatori dovrebbero essere maggiormente preparati e informati per l’orientamento professionale dei non vedenti, ed in particolare per la ricerca attiva di aziende disposte e desiderose di assumere lavoratori con disabilità visiva.
Questo, secondo chi scrive, dovrebbe essere compito dei dirigenti locali della UICI o delle istituzioni collegate, i quali dovrebbero intraprendere azioni di formazione nei confronti di chi si occupa di inserimento lavorativo delle persone minorate della vista.
Certamente i risultati di questa ricerca, in considerazione del piccolo campione esaminato, non possono essere estesi all’intera popolazione dei soggetti non e ipovedenti che svolgono professioni non tradizionali. Questo studio potrebbe, però, essere un primo passo verso ulteriori approfondimenti:
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Legge 19 maggio 1971 n. 403 “Nuove norme sulla professione e sul
collocamento dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi”
Legge 29 Marzo 1985 n. 113 “Aggiornamento della disciplina del collocamento
al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti”
Legge 5 Febbraio 1992 n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”
legge 11 gennaio 1994, n. 29 “Norme in favore dei terapisti della riabilitazione non vedenti”
Legge 12 Marzo 1999 n. 68 “Norme per il diritto al lavoro delle persone disabili”
Legge 17 maggio 1999 n. 144 “Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonchè disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”
Decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali 10 Gennaio 2000 “Disciplina generale del collocamento obbligatorio – Individuazione di qualifiche equipollenti a quella del centralinista telefonico non vedente”
Legge 3 aprile 2001 n. 138 “Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici”
Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente [Gazzetta ufficiale L 394 del 30.12.2006, pag. 10]
Decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali 11 Luglio 2011 “Equipollenza della qualìfica di operatore amministrativo segretariale alla qualifica di centralinista telefonico non vedente”
Decreto Legislativo 16 Gennaio 2013 n. 13 “Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze”
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Strategia europea sulla disabilità 2010-2020: Un rinnovato impegno per un’Europa senza barriere [COM(2010) 636 def. In: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV%3Aem0047 [Consultata il 24/01/2016]
Condividiamo volentieri questo articolo scritto da Carlo Pogg; di seguito li testo.
Quando in Agenzia si è cominciato a parlare del VoIP, i colleghi più diffidenti alle novità tecnologiche avevano storto il naso; ma i più preoccupati erano giustamente i colleghi non vedenti e ipovedenti normalmente destinati a svolgere la funzione di centralinisti, che vedevano nel risponditore automatico l'”arrivista” pronto a defraudarli del posto di lavoro.
Proprio per garantire ai colleghi privati in tutto o in parte della vista condizioni di base per un’adeguata riqualificazione professionale e un pieno loro inserimento nell’organizzazione, la Direzione Centrale del Personale ha organizzato un corso di formazione sulle tecnologie assistive, destinato in primis ai gestori di rete, il cui obiettivo è stato illustrare le modalità per installare, configurare, conoscere e supportare l’utente finale nell’utilizzo dei software di ingrandimento schermo e di sintesi vocale.
In una Roma vestita a festa per Natale, una trentina di gestori di rete (uno per ogni regione più qualcuno della DC) sono stati invitati a indossare, per quattro giorni, i panni di un non vedente: alcuni visi conosciuti, altri noti solo sul newsgroup degli informatici. Del gruppo ha fatto parte anche il collega non vedente Rocco Pessolano della Direzione provinciale di Forlì-Cesena, autore di un toccante articolo viagra pas cher su questa rivista, che ha condiviso la propria esperienza e le problematiche in ambito lavorativo.
La prima giornata di corso ha avuto un grande impatto su noi partecipanti: la docente Maura Paladino, psicologa per i minorati della vista, ci ha coinvolto fin da subito, con il gioco del ricordarsi a memoria, dopo una breve presentazione di ognuno, tutti i nostri nomi; lo scopo, in realtà, era far capire come un non vedente può individuare una persona in un gruppo.
Molto interessante anche la simulazione bendata: alcuni di noi, con gli occhi coperti da foulard e sciarpe, sono stati esortati a trovare la via d’uscita dell’aula o a raggiungere la scrivania della docente per operare sul pc. La proiezione di alcuni video ha permesso a noi normodotati di comprendere ancor più quante invisibili barriere sono presenti nella quotidianità.
Nelle tre giornate seguenti la docenza è stata tenuta da Barbara Leporini, ricercatrice non vedente presso il CNR, che ci ha fatto conoscere JAWS, un programma principalmente in grado di leggere ciò che è presente sullo schermo del pc, restituendolo all’utente con una voce metallica difficilmente dimenticabile.
Per calarci ancor di più nella parte, siamo stati invitati a dimenticarci del mouse e a operare con la sola tastiera; l’impresa è stata ardua: a parte alcune scorciatoie da tastiera più note, in associazione con i tasti Ctrl o Alt (ad esempio, per fare copia/incolla), abbiamo tutti avuto conferma di quanto siamo schiavi del “topo”.
Alle innumerevoli combinazioni da tastiera del sistema operativo si sono aggiunte quelle di JAWS; il che fa comprendere quale esercizio mnemonico un utente di tale software debba compiere per poterlo utilizzare con destrezza.
Tra un incrocio di dita e l’altro, siamo riusciti a comporre un documento Word, una email, a navigare all’interno di un PDF e, con qualche difficoltà, anche nel portale Page, sempre accompagnati dalla “logorroica” voce robotica di JAWS che qualche volta ci ha fornito una pronuncia errata (abbiamo comunque imparato ad addestrarlo, come fosse un bimbo nei suoi primi vocalizzi).
Sin dal primo giorno di corso, la sensibilità di noi discenti sul tema dei disabili visivi è stata un crescendo che non si è esaurito in aula, ma è continuato al di fuori, nella navetta aziendale, per le vie del centro, la sera tra un’amatriciana e un abbacchio. È stata un’esperienza che ci ha molto arricchito e che ci ha fatto ancor di più capire che il collega non vedente/ipovedente continua a essere una risorsa per l’Agenzia.
A poco serve conoscere tutta la normativa in vigore sul tema dell’accessibilità se noi per primi, pur inconsciamente, non includiamo i colleghi nel contesto lavorativo. Basterebbe poco per fare tanto: ad esempio non produrre PDF da scansione, comporre email senza abbellirle di inutili immagini o sfondi colorati, creare documenti Word utilizzando gli stili e dimenticandosi della barra spaziatrice e delle caselle di testo come unica alternativa per posizionare elementi, pubblicare sui siti contenuti per tutti fruibili, sviluppare applicazioni web accessibili.
La disabilità non esiste, è un problema di contesto, non appartiene alla persona ma all’ambiente.
Testo Circolare n. 9/2017 dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus – Sede Centrale
RFI, Reti Ferroviarie Italiane, la società che si occupa delle stazioni e delle infrastrutture ferroviarie e che gestisce il servizio di assistenza PRM, cioè ai passeggeri con disabilità e a ridotta mobilità, ha attivato da lunedì 16 gennaio, il nuovo numero unico nazionale per la prenotazione del servizio di assistenza, a tariffazione ordinaria, raggiungibile sia da rete fissa, che da rete mobile.
Il nuovo numero sarà il seguente: 02323232.
Continuerà ad esistere, comunque, il numero verde, raggiungibile da rete fissa, 800906060.
Con l’occasione, ringraziamo la nostra commissione autonomia che, nei tavoli di lavoro, ha acheter cialis fatto sentire forte la nostra voce.
Ci sono storie che quando le senti raccontare al bar, o alla televisione, ti lasciano con la bocca spalancata. Quella di Fabio Ulivastri, primo cavaliere non vedente al mondo a sfidare i normodotati nelle gare di endurance equestre, è senza dubbio una di queste. Fiorentino, classe ’68, ha perso la vista a soli 18 anni a causa di un glaucoma, ma non l’ha data vinta alla malattia: ha continuato la sua vita, ha cominciato a lavorare e nel 2009 – un po’ per fortuna, un po’ per destino – si è avvicinato ad un maneggio in Val di Fiemme: «Sono sempre andato sulle Dolomiti, da ragazzo facevo sci. Poi quel giorno…».
Si è avvicinato ai cavalli…
«Sì, ero in montagna e tutto è nato spontaneamente. Nessuno nella mia famiglia ha mai avuto questa passione. Ho sempre abitato in campagna, ma avevamo altri animali».
E’ scattato subito qualcosa?
«Diciamo che mi è entrata la curiosità. Tornato in Toscana sono andato ad informarmi al Centro Equestre Fiorentino ASD, che è specializzato in riabilitazione equestre».
E il primo approccio con l’animale?
«Avevo un po’ paura dell’altezza. Ma una volta salito in sella, mi sono trovato immediatamente a mio agio».
Ha rotto subito il ghiaccio.
«Sì, un episodio che mi fece sorridere fu quando portai dei mandarini per l’insegnante. Il cavallo girò la testa di scatto e se li prese: non li trovavamo più e poi ci accorgemmo che aveva in bocca il sacchetto».
Un siparietto tra amici. D’altronde lei e il suo cavallo Indagato potete considerarvi tali.
«Molto di più, è come uno di famiglia. E’ un anglo arabo sardo che ha fatto il Palio di Ferrara e pure le prove per quello di Siena: dal 2013 sta con me, è come se avesse capito che sono cieco».
Ci spieghi meglio.
«Non è stato addestrato, non sappiamo come abbia fatto a recepirlo, ma io mi rendo conto che lo sa. E’ merito della sua sensibilità: in gara ci pensa lui a evitare i pericoli, a fare gli slalom tra gli alberi…».
Ecco appunto, le gare: lei può vantare un bel primato.
«Sì, il 26 ottobre 2014 nella tenuta di San Rossore, a Pisa, sono stato il primo non vedente a partecipare ad una gara ufficiale di endurance equestre, arrivando così al brevetto per gareggiare con tutti. Per me è una sfida nella sfida».
Chi la aiuta?
«L’istruttrice Francesca Gentile. Io ho un casco normalissimo ma con un optional: una radio che mi tiene in contatto con Francesca, in sella al suo Angel. Un po’ come in Formula 1 sono collegati con i box, io sono in contatto con lei che mi segnala i pericoli».
Le è mai capitato di cadere?
«Sì. Ma sono errori miei, magari quando mi scivola il frustino. Se il cavallo frena di colpo è perché vede un pericolo: bisogna tenersi forte, è come un motorino che inchioda».
La tecnologia aiuta?
«Siamo gli unici al mondo a usare la chatter box (scatola parlante, ndr), un sistema a impulsi sonori che, con 8 lettere dell’alfabeto, mi permette di orientarmi all’interno di un campo regolare di 20×40 metri».
Così può starsene in autonomia col suo Indagato.
«Mi alleno tre volte a settimana con lui e mi capita di stare in sella anche per due ore. Il cavallo non è disturbato dai suoni, ci fa l’abitudine, come ai rumori degli aerei o dei treni».
Programmi per il futuro? Pensa mai ai Giochi Paralimpici?
«Purtroppo l’endurance equestre non è nel programma paralimpico. Se un giorno dovesse entrarci, sarebbe un sogno partecipare. Per adesso la priorità è trovare uno sponsor per fare un salto di qualità».
E nel frattempo, la sua vita come procede?
«Mi divido tra l’endurance e il mio lavoro. Dal ’94 sono impiegato all’Agenzia delle Entrate, poi ho la grande passione per i motori. Sono un tifoso sfegatato della Ferrari e quando posso vado ai test e ai Gran Premi».
Dai cavalli al Cavallino, il passo è breve.
di Nicola Bambini