Condividiamo volentieri questo articolo scritto da Carlo Pogg; di seguito li testo.
Quando in Agenzia si è cominciato a parlare del VoIP, i colleghi più diffidenti alle novità tecnologiche avevano storto il naso; ma i più preoccupati erano giustamente i colleghi non vedenti e ipovedenti normalmente destinati a svolgere la funzione di centralinisti, che vedevano nel risponditore automatico l'”arrivista” pronto a defraudarli del posto di lavoro.
Proprio per garantire ai colleghi privati in tutto o in parte della vista condizioni di base per un’adeguata riqualificazione professionale e un pieno loro inserimento nell’organizzazione, la Direzione Centrale del Personale ha organizzato un corso di formazione sulle tecnologie assistive, destinato in primis ai gestori di rete, il cui obiettivo è stato illustrare le modalità per installare, configurare, conoscere e supportare l’utente finale nell’utilizzo dei software di ingrandimento schermo e di sintesi vocale.
In una Roma vestita a festa per Natale, una trentina di gestori di rete (uno per ogni regione più qualcuno della DC) sono stati invitati a indossare, per quattro giorni, i panni di un non vedente: alcuni visi conosciuti, altri noti solo sul newsgroup degli informatici. Del gruppo ha fatto parte anche il collega non vedente Rocco Pessolano della Direzione provinciale di Forlì-Cesena, autore di un toccante articolo viagra pas cher su questa rivista, che ha condiviso la propria esperienza e le problematiche in ambito lavorativo.
La prima giornata di corso ha avuto un grande impatto su noi partecipanti: la docente Maura Paladino, psicologa per i minorati della vista, ci ha coinvolto fin da subito, con il gioco del ricordarsi a memoria, dopo una breve presentazione di ognuno, tutti i nostri nomi; lo scopo, in realtà, era far capire come un non vedente può individuare una persona in un gruppo.
Molto interessante anche la simulazione bendata: alcuni di noi, con gli occhi coperti da foulard e sciarpe, sono stati esortati a trovare la via d’uscita dell’aula o a raggiungere la scrivania della docente per operare sul pc. La proiezione di alcuni video ha permesso a noi normodotati di comprendere ancor più quante invisibili barriere sono presenti nella quotidianità.
Nelle tre giornate seguenti la docenza è stata tenuta da Barbara Leporini, ricercatrice non vedente presso il CNR, che ci ha fatto conoscere JAWS, un programma principalmente in grado di leggere ciò che è presente sullo schermo del pc, restituendolo all’utente con una voce metallica difficilmente dimenticabile.
Per calarci ancor di più nella parte, siamo stati invitati a dimenticarci del mouse e a operare con la sola tastiera; l’impresa è stata ardua: a parte alcune scorciatoie da tastiera più note, in associazione con i tasti Ctrl o Alt (ad esempio, per fare copia/incolla), abbiamo tutti avuto conferma di quanto siamo schiavi del “topo”.
Alle innumerevoli combinazioni da tastiera del sistema operativo si sono aggiunte quelle di JAWS; il che fa comprendere quale esercizio mnemonico un utente di tale software debba compiere per poterlo utilizzare con destrezza.
Tra un incrocio di dita e l’altro, siamo riusciti a comporre un documento Word, una email, a navigare all’interno di un PDF e, con qualche difficoltà, anche nel portale Page, sempre accompagnati dalla “logorroica” voce robotica di JAWS che qualche volta ci ha fornito una pronuncia errata (abbiamo comunque imparato ad addestrarlo, come fosse un bimbo nei suoi primi vocalizzi).
Sin dal primo giorno di corso, la sensibilità di noi discenti sul tema dei disabili visivi è stata un crescendo che non si è esaurito in aula, ma è continuato al di fuori, nella navetta aziendale, per le vie del centro, la sera tra un’amatriciana e un abbacchio. È stata un’esperienza che ci ha molto arricchito e che ci ha fatto ancor di più capire che il collega non vedente/ipovedente continua a essere una risorsa per l’Agenzia.
A poco serve conoscere tutta la normativa in vigore sul tema dell’accessibilità se noi per primi, pur inconsciamente, non includiamo i colleghi nel contesto lavorativo. Basterebbe poco per fare tanto: ad esempio non produrre PDF da scansione, comporre email senza abbellirle di inutili immagini o sfondi colorati, creare documenti Word utilizzando gli stili e dimenticandosi della barra spaziatrice e delle caselle di testo come unica alternativa per posizionare elementi, pubblicare sui siti contenuti per tutti fruibili, sviluppare applicazioni web accessibili.
La disabilità non esiste, è un problema di contesto, non appartiene alla persona ma all’ambiente.